di Patrizio Gonnella, da il manifesto del 30 luglio 2019
Nelle caserme e nei commissariati nessun fine giustifica i mezzi. La retorica sostanzialista nel lavoro di polizia è quella per cui tutto è lecito pur di ottenere giustizia o di raggiungere rapidamente la verità.
Si tratta di una retorica pericolosa, fuori dall’arco di ciò che è lecito in una democrazia. Il confine ai poteri di polizia è ciò che distingue un regime illiberale da uno Stato costituzionale di diritto. In quest’ultimo nessuno deve abusare dei propri poteri di custodia. Uno Stato forte è quello che reprime il crimine nel rispetto delle proprie regole. Le immagini che hanno fatto il giro del mondo della persona arrestata, bendata e ammanettata, evocano la retorica sostanzialista delle mani libere.
È del tutto privo di senso logico, strumentale, nonché istituzionalmente scorretto giustificare la condotta dei carabinieri, così come ha fatto il ministro degli Interni Matteo Salvini quando ha scritto che: «A chi si lamenta della bendatura di un arrestato, ricordo che l’unica vittima per cui piangere è un uomo, un figlio, un marito di 35 anni, un Carabiniere, un servitore della Patria morto in servizio per mano di gente che, se colpevole, merita solo la galera a vita. Lavorando. Punto».
Questo breve post del ministro merita almeno tre diverse considerazioni.
Con due suicidi negli ultimi due giorni sono diventati 28 i detenuti che si sono tolti la vita nelle carceri italiane dall'inizio dell'anno. Un numero che segna un vero e proprio dramma del sistema penitenziario del nostro paese. Gli ultimi due detenuti ad uccidersi sono stati un polacco di 32 anni nel carcere di La Spezia e un rumeno di 37 anni nel carcere di Reggio Calabria. Proprio in questo istituto l'Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione aveva trovato una situazione complicata, in particolare riferimento al sostegno psicologico che, dei penitenziari visitati nel 2018, era risultato tra quelli più carenti. Erano state rilevate infatti solo 2,1 ore di presenza degli psicologi per 100 detenuti a fronte di una media nazionale di 13,5.
Anche il personale di polizia penitenziaria era risultato molto carente. Mentre la media nazionale da noi rilevata era di 1,8 detenuti per ogni agente nel carcere di Reggio Calabria Arghillà erano 3,8.
Oggi è stato presentato un rapporto attraverso il quale abbiamo voluto fotografare il sistema penitenziario italiano in questi primi mesi del 2019. Ciò che emerge è il perdurare dello stato di sovraffollamento. Al 30 giugno 2019 i detenuti ristretti nelle 190 carceri italiane erano 60.522. Negli ultimi sei mesi sono cresciuti di 867 unità e di 1.763 nell’ultimo anno. Il tasso di sovraffollamento è pari al 119,8%, ossia il più alto nell’area dell’Unione Europea, seguito da quello in Ungheria e Francia. Il Ministero della Giustizia precisa che i posti disponibili nelle carceri italiane sono 50.496, un dato che non tiene conto delle sezioni chiuse. Ce ne sono ad Alba, a Nuoro, a Fossombrone e in tantissimi altri istituti. Il carcere di Camerino è vuoto dal terremoto del 2016 ma tutti i posti virtualmente disponibili sono contegiati. Secondo il Garante nazionale delle persone private della libertà alla capienza attuale del sistema penitenziario italiano vanno dunque sottratti almeno 3.000 posti non agibili. A Como, Brescia, Larino, Taranto siamo intorno a un tasso di affollamento del 200%, ossia vivono due detenuti dove c’è posto per uno solo. Nel 30% degli istituti visitati dalla nostra associazione in questi primi mesi dell'anno sono state riscontrate celle dove non era rispettato il parametro minimo dei 3 mq. per detenuto, al di sotto del quale si configura per la giurisprudenza europea il trattamento inumano e degradante.
Il prossimo 25 luglio a Roma, a partire dalle ore 10.00, presso la Sala Azzurra della FNSI in Corso Vittorio Emanuele II, 349 (primo piano), Antigone presenterà il proprio rapporto di metà anno sulle carceri italiane. Attraverso numeri, dati e storie, sarà presentata una fotografia del sistema penitenziario così come emerso dalle visite effettuate finora dall'osservatorio dell'associazione.
Durante la conferenza stampa sarà inoltre presentata la proposta di legge rientrante nella campagna "Il carcere è un pezzo di città" che Antigone ha promosso nel mese di maggio è che punta ad includere i Sindaci tra le autorità cui la legge riconosce il diritto a visitare gli istituti di pena. Nell'ambito della campagna, osservatori di Antigone sono stati in visita nelle carceri di Livorno, Torino, Bologna e Palermo insieme ai rispettivi primi cittadini.
Alla conferenza stampa parteciperà anche Mauro Palma, Garante nazionale delle persone detenute o private della libertà personale.
Per accedere non è necessario l'accredito ma, per ragioni organizzative, è gradita la conferma della presenza all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
"La proposta di emendamento al decreto sicurezza bis, presentato dalla Lega, è un vero e proprio obbrobrio giuridico". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, in riferimento alla proposta di abrogare la parte dell'articolo 146 del codice penale che include le donne incinte e le madri di bambini di età inferiore a un anno tra i soggetti per i quali è previsto il rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena.
"Le leggi si basano su principi che non si possono andare a modificare per puro spirito propagandistico, ancor di più quando riguardano solo una specifica fetta di popolazione, in questo caso le donne Rom - prosegue Gonnella. Posto che i leghisti non possono (almeno fino a quando resiste lo stato costituzionale di diritto) scrivere che solo le donne rom, qualora incinte, devono restare in galera, mentre le altre possono uscire, allora hanno proposto che tutte stiano dentro. Alla faccia della cultura della famiglia, del rispetto dei bimbi che nasceranno, dei rischi per la salute.