di Patrizio Gonnella da il manifesto del 6 aprile 2019
«Ho subito violenze, gravi lesioni corporali e torture varie». «Mi hanno tenuto in mutande di inverno per giorni in una “cella liscia” e sono stato preso a pugni. Ho la testa piena di cicatrici». «Hanno tre squadrette solo per menare detenuti». «Aiutatemi ad andare via da questo carcere». «Se dico qualcosa qua mi menano». «Qui si cerca di sopravvivere alle ingiustizie e restare al proprio posto, sempre con i nervi saldi. Sempre più torno a convincermi di trovarmi in un mondo infernale. Si ricevono umiliazioni da parte delle guardie quando nelle perquisizioni che effettuano settimanalmente lasciano la tua cella sottosopra… La divisa che indossano dà loro un potere, non dà loro nessun onore e possono quindi infierire sul detenuto, come e quando vogliono, renderlo indifeso… sono diverse le storie di percosse che han subito alcuni detenuti della mia stessa sezione e rimangono celate nel silenzio. Qui si vive con la paura individuale, il buio, gli incubi. Per ora ancora sopravvivo, ma quando uscirò da questa struttura lotterò perché la verità esca fuori».
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"Viene da domandarsi tra quanti anni la Lega, alla ricerca del consenso elettorale, modificherà nuovamente la legge per la legittima difesa. Se passeranno 13 anni, come dall'ultima volta che lo fece o stavolta ci metterà meno". Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, a seguito dell'approvazione della legge che modifica l'art. 52 del codice penale sulla legittima difesa. La norma, risalente al Codice Rocco di epoca fascista era stata infatti già modificata nel 2006, dal governo di centro-destra, sempre su impulso della Lega.
"La pretesa di immunità per chi dovesse ferire o uccidere un presunto ladro, che la Lega va vendendo da tempo, non esiste - sostiene Gonnella. Dinanzi all'utilizzo di un'arma da fuoco, ancor più quando questo utilizzo provochi la morte di una persona, partirà sempre un'indagine e un eventuale processo. Sarà poi la magistratura a decidere se quell'episodio rientra in ciò che si può definire legittima difesa o meno. Quando questa assenza di impunità che il partito del ministro Salvini va propagandando sarà un'evidenza, allora forse la Lega dovrà tornare a modificare la legge nell'unico modo possibile, quello di intervenire sull'indipendenza della magistratura. Nel frattempo però questo falso messaggio di presunzione assoluta di impunità, potrebbe essere male interpretato dai cittadini, così stimolati ad un uso indebito delle armi".
"Purtroppo questa legge porta con sé un brutto messaggio ai cittadini, invitandoli a difendersi da soli (anche con le armi) piuttosto che rivolgersi alle forze di polizia, che ne escono così fortemente delegittimate nella loro funzione. Ben diversa è stata la reazione in Nuova Zelanda dove, a seguito di un atto terroristico, il governo ha deciso di ridurre il numero delle armi che girano nel paese. Più armi ci sono in giro, più morti avremo".
Giustizia. Mauro Palma presenta la Relazione annuale sulle persone private della libertà davanti alle più alte cariche dello Stato. Il sovraffollamento non è una fake news. Come non lo è l’aumento dei suicidi, l’abuso dell’isolamento disciplinare, l’allungamento della detenzione dei migranti
di Patrizio Gonnella, da il manifesto del 28 marzo 2019
«La sofferenza, sia essa la risultante di proprie azioni anche criminose, del proprio desiderio di una vita diversa e altrove, della propria vulnerabilità soggettiva, merita sempre riconoscimento e rispetto. Merita un linguaggio adeguato, soprattutto da parte di chi ha compiti istituzionali. L’espandersi di un linguaggio aggressivo e a volte di odio, costruisce culture di inimicizia che ledono la connessione sociale e che, una volta affermate è ben difficile rimuovere». Così Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, ha concluso la sua Relazione annuale al cospetto delle più alte cariche dello Stato, tra le quali il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, il Presidente della Camera, il presidente della Corte Costituzionale e il ministro della Giustizia. A proposito di linguaggio aggressivo echeggiavano nella testa di tutti i presenti a Montecitorio quelle espressioni truci, anti-costituzionali, oggi ricorrenti nella retorica istituzionale, come «marcire in galera» o «buttare la chiave».
Da circa 10 mesi Antonio Consalvo, 33enne di Pordenone, si trova nel carcere di Colombo, la capitale dello Sri Lanka. Nel maggio scorso, mentre faceva scalo all'aeroporto di Colombo, di ritorno in Italia dopo un soggiorno in Thailandia, è stato arrestato perché in possesso di una dose di marijuana. Da allora, stando a quanto riferito dalla madre e da vari quotidiani, non è stato sottoposto ad alcun processo ed è detenuto in condizioni disumane, in una cella condivisa con circa 80 detenuti che fanno i turni per dormire. E' tramite il suo avvocato, Ahmed Munasudeen, che la madre riceve informazioni. A febbraio 2019, le autorità consolari lo avevano visitato due volte. Pare che durante la detenzione abbia contratto una bronchite e un'altra non precisata infezione.
Dopo un appello rivolto a febbraio alle istituzioni affinché si mobilitassero per ristabilire i diritti del figlio, la madre, Lucia Catania, il 5 marzo si è recata nel carcere di Colombo, dove ha potuto incontrare il figlio, il quale le ha chiesto un cuscino e un sapone antibatterico. Aveva irritazioni cutanee sparse e lamentava il mancato avvio del processo. A fronte della evidente fragilità delle garanzie processuali, della frequenza con cui hanno luogo casi di tortura e detenzioni arbitrarie nello Sri Lanka, oltreché della disumanità delle condizioni detentive denunciate da autorevoli organizzazioni internazionali impegnate nella promozione dei diritti umani, auspichiamo che il Governo presti al caso tutta l'attenzione che esso richiede.
Noi continueremo a seguirlo, qualora serva anche giudiziariamente, affinché si arrivi a una rapida scarcerazione e un altrettanto rapido rientro in Italia.