Nove anni dopo che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Ungheria per aver violato il divieto di trattamenti inumani e degradanti a causa delle sue condizioni carcerarie, i detenuti continuano ad affrontare condizioni di vita al di sotto degli standard europei. Questa continua violazione dei diritti umani persiste soprattutto a causa del sovraffollamento sistematico. Inoltre, le autorità carcerarie ungheresi fanno uso sistematico di contenzioni fisiche quando presentano in tribunale gli imputati detenuti, una pratica che viola sia il diritto dell'UE che gli standard giuridici nazionali.
Un documento dello Hungarian Helsinki Committee, in italiano e in inglese, racconta delle principali preoccupazioni relative all'uso sproporzionato di contenzioni fisiche durante i processi penali e sul sovraffollamento delle carceri che porta a condizioni di detenzione al di sotto degli standard.
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 30/01/2024
L’arretramento dello Stato di diritto ungherese è da ieri sotto gli occhi di tutti. E a tutti è sbattuto in faccia con quelle immagini di Ilaria Salis ammanettata mani e piedi tra due poliziotti incappucciati e in tuta mimetica. È la più esplicita rappresentazione di sé che potesse fare la giustizia penale ai tempi di Viktor Orbàn. È una iconografia poliziesca da regime. Una fotografia che le autorità ungheresi, per nulla preoccupate della presenza di osservatori esterni e di telecamere, hanno voluto ostentare al mondo per raccontare ciò che a loro dire dovrebbe incutere la giustizia penale: terrore, sfiducia, umiliazione, vergogna.
Ciò accade in un paese dove il potere politico ha cercato negli ultimi anni di minare l’indipendenza della magistratura e dove si è aperta la possibilità per il procuratore generale di interferire nell’autonomia decisionale dei procuratori territoriali. Il rapporto dell’Unione europea sullo stato di diritto in Ungheria del 2022 aveva evidenziato come fosse cambiata l’architettura della magistratura inquirente prevedendo tra magistrati vincoli di subordinazione che odorano di controllo, influenza, ingerenza. Nella vicenda giudiziaria di Ilaria Salis si percepisce qualcosa di così sproporzionato rispetto ai fatti realmente accaduti da evocare l’assenza di un giudizio equilibrato e indipendente.
La Corte Costituzionale ha detto sì alla affettività e alla sessualità in carcere, dichiarando illegittimo l'articolo 18 dell'ordinamento Penitenziario che, in materia di colloqui visivi, imponeva il controllo a vista.
La Corte con una sentenza storica ha ricordato che senza affettività, e quindi sessualità, è lesa la dignità delle persone detenute e si rischia di non rispettare la finalità rieducativa della pena. Una sessualità che la Corte, con una sentenza chiara ed esplicita, apre anche alle coppie di fatto e dunque anche alle coppie omosessuali. Seppur con alcuni limiti la Corte si rivolge all'amministrazione penitenziaria e alla magistratura di sorveglianza per rendere effettivo questo diritto.
Antigone era nel procedimento davanti alla Corte con un proprio atto di intervento. "Adesso - dichiara Patrizio Gonnella - bisogna trasformare un diritto di carta in diritto effettivo. Finalmente, anche grazie alla determinazione e all'impegno di giudici di sorveglianza come chi ha rimesso gli atti alla Consulta, l'affettività e la sessualità non sono più un tabù. Così ci si avvicina ad altri Paesi che da tempo hanno previsto tale opportunità nei loro ordinamenti".
Carceri fatiscenti, sovraffollamento e condizioni degradate di vita per detenuti e personale. La fotografia che lascia il 2023 "Lanciamo oggi l'allarme sul sistema penitenziario italiano, prima che si arrivi a condizioni di detenzione inumane e degradanti generalizzate. La politica ponga il tema del carcere al centro della propria agenda e accetti di discuterlo senza preconcetti ideologici o visioni di parte". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, nel presentare un breve report della situazione delle carceri italiane a fine 2023.
"Quello che notiamo - sottolinea Gonnella - è la crescita estremamente rapida del sovraffollamento penitenziario. Oggi i detenuti sono 60.000, oltre 10.000 in più dei posti realmente disponibili e con un tasso di sovraffollamento ufficiale del 117,2%, con una crescita nell’ultimo trimestre (da settembre a novembre) di 1.688 unità. Nel trimestre precedente di 1.198. In quello ancora prima di 911. Nel corso del 2022 raramente si è registrata una crescita superiore alle 400 unità a trimestre. Andando avanti di questo passo, tra 12 mesi, l'Italia sarà nuovamente ai livelli di sovraffollamento che costarono la condanna della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per violazione dell'articolo 3 della Convenzione Edu".
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 28 dicembre 2023
C’è un numero che caratterizza il 2023 penitenziario: 10.000. Sono almeno 10 mila le persone detenute in più rispetto alla capienza regolamentare delle carceri italiane. Numeri freddi che significano: condizioni igienico-sanitarie deteriorate, riduzione delle possibilità di contatto con gli operatori sociali, tensioni, stress, assenza di spazi vitali. Quando i tassi di sovraffollamento divengono così alti ogni detenuto perde la sua identità ed è ridimensionato a numero di matricola. Viene spersonalizzato, così compiendo quel processo di istituzionalizzazione coatta che costituisce, malgrado la buona volontà di molti operatori, l’essenza della risposta carceraria.
Il racconto dell’ultimo anno è all’insegna della frenesia punitiva e disciplinare del Governo che è tracimata oltre il sistema penale, andando a colpire anche altri mondi come quello della giustizia minorile, della scuola, dell’immigrazione. Sono finiti sotto il mirino della repressione: donne detenute in stato di gravidanza, minorenni che commettono reato, attivisti politici, detenuti che disobbediscono con forme di resistenza passiva, studenti, consumatori di sostanze. Dunque, ben si comprende quale è il target dell’azione repressiva: da un lato i soggetti socialmente vulnerabili, dall’altro i più giovani. Evidentemente si teme il sapere critico delle nuove generazioni.
Una foto, un detenuto che non c’è più, un poliziotto e un matematico sono le immagini del 2023.