Antigone/Depenalizzazione cannabis: il provvedimento non avrà alcun impatto su carceri e vite. Bisogna depenalizzare la coltivazione per uso personale
È stato approvato stamattina il “pacchetto depenalizzazione” che, tra le varie misure, prevedeva anche la coltivazione di cannabis a scopo terapeutico, provvedimento al centro del dibattito negli scorsi giorni.
Tuttavia questa depenalizzazione interessa solo la violazione dell’autorizzazione alla coltivazione a scopo scientifico o per la produzione di farmaci a base di cannabis. Non avrà quindi alcun impatto sulla condizione delle carceri né, tantomeno, su quella delle tante persone che si curano già oggi con la cannabis terapeutica, autocoltivandola, con tutte le conseguenze penali del caso, come ci raccontano storie di attualità.
Tra queste quella di un uomo che soffrendo di una forma di epilessia che gli procura acuti dolori ha trovato sollievo solo dalla cannabis che, però, è vietata. Con il passare del tempo l’uomo perde il suo lavoro da cameraman. Le mani gli tremano. Nonostante la legge lo vieti, coltiva poche piante di cannabis a scopo terapeutico. Ha la certificazione medica a disposizione, ma le forze dell’ordine e la giustizia dei tribunali sono inclementi. Viene arrestato e successivamente condannato a due anni e otto mesi di carcere nonché dodicimila euro di multa per sole cinque piantine di marijuana (pena poi ridotta a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato la legge Fini-Giovanardi sulle droghe). Evita fisicamente il carcere solo perché incensurato.
L’uomo – seguito anche da Antigone – ha presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per essergli stato negato il diritto alla salute. È stato punito per un fatto da lui commesso solo per evitare sofferenze enormi e dolore fisico. Un fatto che non ha prodotto danno a nessun altro essere umano.
Come queste ci sono tante storie, per questo un impatto forte lo avrebbe invece un provvedimento di depenalizzazione della coltivazione per uso personale. Attualmente un terzo dei detenuti è recluso per aver violato le leggi sulla droga. Lo Stato spende oltre 1 miliardo l’anno per tenere in carcere queste persone che hanno commesso reati di alcuna pericolosità sociale.
Molti Paesi hanno capito che la questione droghe non si risolve con la criminalizzazione dei consumatori. Lo stesso Obama ha concesso numerose “grazie” nelle ultime settimane per chi era in carcere per questo tipo di reati.
“Le politiche sulle droghe sono una questione complessa, che non può essere trattata solo come questione criminale” dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “Il tema riguarda la salute psico-fisica delle persone, i loro stili di vita, la libertà di scelta, l’educazione. Considerarla solo di rilevanza giudiziaria significa fare un favore immenso alle mafie e a chi è capace di guadagnare ingenti somme di denaro dal mercato nero”.
“Per questo – conclude Gonnella – in vista di UNGASS 2016 va aperto un dibattito nel Paese e procedere sulla strada della depenalizzazione”.
A questo scopo Antigone partecipa alla campagna “Non me la spacci giusta”, promossa dalla Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili e che ha come obiettivo di favorire un dibattito aperto e non ideologico sul tema delle droghe, convinti che il cambiamento parta da un’opinione informata.