Non è la prima volta che Angelino Alfano propone l’uso delle navi o di qualche forma di galleggiante per affrontare demagogicamente presunte emergenze detentive.
Nel 2009 era esponente del Pdl e ministro della Giustizia del governo Berlusconi. Di fronte alla questione del sovraffollamento penitenziario – c’erano a quel tempo circa 63 mila detenuti contro gli attuali 54 mila – il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sotto di lui amministrato propose le navi prigione da ancorare nei porti della Puglia e della Liguria per detenere persone in custodia cautelare.
Pochi erano i precedenti in giro per il mondo: Olanda (nave-prigione contestatissima per migranti a Rotterdam), Regno Unito (nave-prigione per detenuti comuni) e Usa (nave prigione nell’Oceano per i qaedisti).
Ognuno di questi precedenti non era proprio meritevole di apprezzamento dal punto di vista del rispetto dei diritti umani delle persone private della libertà.
Si trattò di esperimenti tutti andati progressivamente a morire. In Italia nel 2009 dal Dap si evocò l’aiuto di Finmeccanica. Fortunatamente però non se ne fece nulla. Era un progetto costoso, irriguardoso della legge interna e internazionale, ingestibile dal punto di vista pratico.
Alfano oggi è ministro degli Interni. Ha cambiato partito e fa parte di una coalizione guidata dal Pd.
Uomo non proprio di fantasia il nostro ministro degli Interni che oggi propone di usare le navi per detenere i migranti, hotspot galleggianti.
Le obiezioni formulate al progetto del 2009 sono riproponibili oggi pari pari. L’hotspot galleggiante fa pensare a procedure rapide e illegittime di respingimento di massa. Procedure irriguardose della dignità umana e dei diritti fondamentali. Dunque ha ragione la Cei. E come nel 2009 ha torto Alfano (non è la prima volta e forse non sarà l’ultima). Non merita risposte invece Salvini, il cui linguaggio e i cui argomenti non consentono repliche sul terreno della politica e della comunicazione civile.
L’idea delle navi galleggianti come hotspot è un’offesa alla dignità umana, alla richiesta di protezione dei migranti, agli obblighi internazionali che vertono sull’Italia come su tutti gli altri Paesi Ue.
D’altronde non esiste un’emergenza immigrazione. La parola emergenza giustifica sempre azioni restrittive delle libertà civili. Esiste viceversa un dovere morale e giuridico di accoglienza. Lo dimostrano i dati pubblicati su Open Migration, portale di informazioni messo in piedi dalla Coalizione italiana per i diritti e le libertà civili, fresco vincitore di un premio giornalistico organizzato dalla Deutsche Welle.
I dati evidenziano come non vi siano più arrivi di migranti rispetto al 2015. Infine una domanda, anzi una preoccupazione.
Che farà fra sette anni Angelino Alfano? Chissà se fra sette anni avrà cambiato partito, se sarà ancora ministro e quale dicastero dirigerà. Speriamo non gli diano il ministero dell’Istruzione.
Altrimenti dopo le navi prigione del 2009 e le navi-hotspot del 2016 ci troveremo di fronte alla proposta delle navi-scuola o delle navi-università.
*Patrizio Gonnella su il manifesto del 03/06/2016