COMUNICATO STAMPA - "L'evasione di tre detenuti dal carcere romano di Rebibbia, pur essendo un fatto grave, non deve mettere in discussione politiche penitenziarie dirette alla responsabilizzazione e alla risocializzazione delle persone detenute.
L'imputazione del reato di "colpa del custode" nei confronti del direttore, del comandante di reparto e di un certo numero di poliziotti penitenziari - come emerge da alcuni organi di stampa -, può costituire un freno ingiusto nei confronti di chi è impegnato in attività dirette al recupero sociale dei detenuti.
Il comandante, come sempre è stato riportato dagli organi di stampa, sarebbe stato accusato tra le altre cose di non aver accompagnato costantemente i detenuti nei loro spostamenti interni al carcere. Ma è lo stesso Consiglio d'Europa a raccomandare che la vita in carcere sia per quanto possibile simile a quella esterna e consenta spazi di libertà capaci di responsabilizzare le persone detenute. La cosiddetta sorveglianza dinamica, che non punta solamente al contenimento, ha fino a oggi avuto buoni risultati.
Una simile imputazione penale nei confronti di chi ha ruoli di direzione e di gestione della sicurezza all'interno di un carcere rischia di inibirne una gestione aperta e rispettosa della dignità umana.
A tal fine andrebbero riviste o cancellate quelle norme che prevedono una responsabilità colposa e non dolosa degli operatori penitenziari".
A dirlo è Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone.
ROMA, 20/12/2016