Da alcune settimane è in corso la gara indetta dal ministero della Giustizia per la progettazione esecutiva di un carcere a Nola, in Campania.
Un provvedimento che vede la forte contrarietà di Antigone e della Fondazione Michelucci per la dimensione, il totale isolamento dalla città, la scelta della zona che presenta problemi di carattere idrogeologico e di inquinamento, nonché la vaghezza relativamente alle attività lavorative che saranno svolte e ai rapporti con il territorio su questo fronte.
Elementi che portano le due organizzazioni a sostenere come questo bando sia in aperto contrasto con le indicazioni provenienti dal rapporto conclusivo degli Stati Generali dell’esecuzione penale.
“La dimensione esorbitante prescelta, per una capienza regolamentare di 1.200 detenuti, che potranno realisticamente diventare 2.400 presenti essendo le celle progettate come singole, farebbe dell’Istituto nolano uno dei più capienti carceri in Italia e rischia di trasformare la Città Metropolitana di Napoli in un vero e proprio distretto del penitenziario, ad una prison valley all’italiana, in cui non sarà mai possibile attuare il delicato compito di reinserimento sociale che la Costituzione repubblicana attribuisce alla pena”. A dirlo è Alessio Scandurra, responsabile dell’Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione.
A queste osservazioni si aggiungo quelle di Corrado Marcetti, architetto della Fondazione Michelucci, secondo il quale “la locali zzazione prescelta è in territorio extraurbano, periferico e mal collegato, in una zona agricola un tempo cuore della Campania Felix, poi avvelenata (e mai bonificata) dai fusti di liquami interrati dalla camorra”. “La zona - prosegue Marcetti - è interessata anche da problemi di carattere idrogeologico come l’innalzamento della falda acquifera che ha causato impaludamenti e allagamenti nei terreni più depressi, con il rischio che i costi di costruzione della nuova cementificazione carceraria vadano fuori controllo”.
Problemi vengono rilevati anche nell’impianto progettuale nel quale non c’è traccia di un rapporto costruttivo tra carcere e città. Così come è configurato il carcere potrebbe essere collocato in qualsiasi territorio, gli spazi destinati alle attività lavorative sono caratterizzati da assoluta genericità e non c’è traccia di rapporto con le attività del territorio.
Lo schema del nuovo carcere è oltretutto introverso e labirintico, crea corti chiuse e fa perdere l'orientamento, e ricorda da vicino il carcere "Le Nuove" di Torino progettato dall'lng. Polani nel 1859 e consegnato all'Amministrazione penitenziaria nel 1869.
Il bando per il carcere di Nola è infine un totale svilimento del ruolo dell’architetto che concorre alla gara, dato che lo schema ad esso allegato è vincolativo e non può essere variato. Sarebbe stato assai meglio chiedere ad un concorso internazionale di architettura di interpretare le nuove indicazioni che arrivano dal rapporto conclusivo degli Stati Generali dell’esecuzione penale, anziché riprendere un progetto che risale alla stagione infausta del Piano Carceri.