Strasburgo/Italia. Il carcere improvvisato nella caserma genovese per detenere i presumibili arrestati per le proteste durante il G8, e messo nelle mani di un corpo speciale di Polizia penitenziaria, fu un modello pensato da qualcuno più in alto. Dunque è compito del Parlamento fare luce sui responsabili politici di quella scelta.
di Patrizio Gonnella - il manifesto del 08/04/2017
«G.O.M. ovvero Gruppo Operativo Mobile, ovvero Corpo speciale di Polizia Penitenziaria. Sganciato da ogni controllo, è chiamato a gestire le emergenze, i casi particolari, le situazioni a rischio. E la caserma di Bolzaneto era una di queste». Era questo l’incipit di un articolo mio e di Stefano Anastasia, allora presidente di Antigone, pubblicato sul manifesto il 28 luglio del 2001, a una settimana dalle torture avvenute a Genova. Torture come nella tradizione tragica di Villa Triste a Firenze o di Villa Grimaldi a Santiago del Cile.
Villa Triste e Villa Grimaldi erano i luoghi della tortura rispettivamente durante il periodo nazifascista e la dittatura di Pinochet. Erano chiamate ville ma erano luoghi di annientamento, di esaltazione brutale dell’ego fascista.
Bolzaneto è invece un quartiere genovese dove nel 2001 viene improvvisato un carcere all’interno della locale caserma. Silvio Berlusconi vinse le elezioni nel giugno del 2001. Fu il suo governo a gestire il G8.
Probabilmente, però, la decisione di trasformare una caserma in un carcere fu presa precedentemente quando premier era Giuliano Amato e ministri della Giustizia e degli Interni erano rispettivamente Piero Fassino ed Enzo Bianco. La caserma doveva servire da galera provvisoria dove detenere i presumibili arrestati per le proteste durante il G8. Bolzaneto fu trasformato in villa della tortura.
A Bolzaneto è accaduto che alcuni agenti della polizia penitenziaria, dopo essersi vantati di essere nazisti e di provare piacere a picchiare un «omosessuale, comunista, merdoso», nonché dopo averlo apostrofato come «frocio ed ebreo», lo hanno portato fuori dall’infermeria e gli hanno strizzato i testicoli.
A Bolzaneto è accaduto che una ragazza ha chiesto di andare in bagno nonché di avere un assorbente. Al posto dell’assorbente le fu data della carta appallottolata, gettata sul pavimento della cella, attraverso le sbarre. La ragazza fu costretta a cambiarsi alla presenza anche di uomini.
A Bolzaneto è accaduto che a una giovane ragazza straniera venne detto: «Entro stasera vi scoperemo tutte».
A Bolzaneto è accaduto che una ragazza italiana fu costretta a camminare lungo il corridoio con la testa abbassata e le mani sul capo come nelle migliori tradizioni dello squadrismo. La ragazza fu colpita con calci e pugni. Venne derisa e minacciata. Mentre camminava veniva insultata: «puttana», «troia». Le vennero dette frasi offensive e machiste: «che bel culo», «ti piace il manganello». Fu costretta a fare il saluto romano e a dire: «viva il duce» o ancora più miseramente «viva la polizia penitenziaria».
L’Italia a sedici anni da quelle torture ha dovuto riconoscere che tortura avvenne a Bolzaneto. Se torture di massa furono, non basta risarcire i ricorrenti o prendere, per ora a parole, impegni legislativi. Si può e si deve fare qualcosa di più. Nel nome della lotta all’impunità deve aprirsi una inchiesta amministrativa e disciplinare su tutti i funzionari, medici, infermieri, poliziotti responsabili di quanto accadde a Bolzaneto. Tra gli appartenenti ai G.O.M c’è stato chi ha detto che la responsabilità delle violenze era di un’altra forza di Polizia e non la loro. Si faccia chiarezza anche su questo, per via amministrativa. Si istituisca una commissione amministrativa interministeriale di inchiesta sulle torture al G8 di Genova.
Ma anche questo non basta. Bolzaneto, come carcere improvvisato messo nelle mani di un corpo speciale di Polizia penitenziaria, fu un modello pensato da qualcuno più in alto. Dunque è compito del Parlamento fare luce sui responsabili politici di quella scelta. La Commissione di inchiesta sulle violenze al G8 fu boicottata dieci anni fa dell’Italia dei Valori e dall’Udeur. Bolzaneto non è solo una questione giudiziaria.
Villa Bolzaneto è storia tragica di questo Paese su cui vogliamo anche una verità politica. Alle vittime di tortura, oltre che giustizia, vanno riconosciute dignità, memoria e verità storica. Bolzaneto non fu una questione di mele marce. Se così fosse stato il giorno dopo avremmo visto capi delle Polizie e ministri far saltare teste e invocare la previsione del reato. Così non è stato. Dunque la giustizia passa anche dalla individuazione delle responsabilità politiche.