A chi, politico o sindacalista, si indigna della rivalutazione della misera retribuzione, che per pudicizia il legislatore chiama mercede, concessa ai detenuti per le loro altrettanto poche e misere ore di lavoro dequalificato che svolgono all'interno di un carcere, mi sentirei di rispondere così: a) era più o meno dai tempi della lira che non c'era un adeguamento della mercede ai costi della vita. Nel frattempo è successo di tutto;
a) l'adeguamento è il frutto di un lungo contenzioso con le Corti italiane ed europee;
b) il lavoro se non è retribuito allora è forzato e i lavori forzati sono un retaggio di un passato autoritario. Negli Stati Uniti, dove ancora in alcune galere private si lavora con le palle al piede, le guardie sono dipendenti di società private. Per cui starei attento a evocare modelli che poi toglierebbero posti di lavoro pubblici. Che ne pensano gli iscritti ai sindacati autonomi di Polizia penitenziaria? Coerenza fino in fondo ci vuole;
c) l'attuale media oraria lavorativa di un detenuto è di un paio di ore al giorno. Per cui tolti i soldi del mantenimento per il vitto e l'alloggio (anche in Italia sono dovuti e di recente sono pure aumentati) e dei risarcimenti vari al detenuto resta poco. Ora resterà poco più di poco. Altro che mille euro al mese.
L'argomento che però più sorprende è quello di chi, rappresentando i poliziotti, continua a fare paragoni assurdi tra lavoratori e carcerati. In questo modo viene lesa la dignità dei primi. Il lavoro di un poliziotto è faticoso e socialmente rilevante. merita prestigio comunitario. Non è così però che si conquista.
Chi mai baratterebbe un giorno di libertà con un giorno di prigionia? Chi mai scambierebbe un giorno con la divisa blu con un giorno con la divisa a righe?
Le battaglie per dare più qualificazione e più soldi ai poliziotti non passano dalla riduzione in schiavitù dei detenuti ma dalla costruzione di un modello penitenziario autenticamente legale e ispirato a principi di ragionevolezza, normalità e umanità.