“Non vanno sospesi i diritti e le libertà di un intera comunità in nome di una Grande Opera. Le regole dello Stato di diritto non ammettono eccezioni. Limitare la libertà di movimento di circa 15.000 persone creando zone rosse mette a rischio diritti fondamentali incomprmibili”. Dichiara Maria Pia Scarciglia, presidente di Antigone Puglia.
Nel comune di Melendugno, in provincia di Lecce, vi è una massiccia presenza di forze dell’ordine che presidiano giorno e notte l’intero territorio. Una militarizzazione che mette a rischio la libertà di movimento, presupposto di una vita democratica: cittadini soggetti a costanti controlli, con pass d’entrata e d’uscita, esibizione di documenti d’identità per attraversarsare una strada e interdizioni a più livelli. A Melendugno per 30 giorni è stata creata una zona rossa (è di ieri, 13 dicembre, la notizia che l’ordinanza prefettizia fortunatamente non è stata rinnovata), una zona off limit dove sino a qualche giorno fa nemmeno i giornalisti potevano accedere. Un fatto gravissimo su cui è intervenuto l’Ordine dei Giornalisti della Puglia per chiedere al Governo il rispetto della libertà di stampa e l’esercizio del diritto di cronaca. Chiunque sia passato o abbia attraversato Melendugno e le zone limitrofe ha visto e respirato un clima pesantissimo.
Ed è di questi giorni la notizia del fermo di 52 persone trovate nella zona cuscinetto del cantiere TAP, dove gli attivisti si erano spinti dopo una lunga passeggiata tra le campagne. Le contestazioni per i manifestanti vanno dalla riunione straordinaria di persone non comunicata, inottemperanza dell'ordine prefettizio (la zona del cantiere è interdetta dal prefetto), accensione ed esplosioni pericolose (per l'esplosione di bombe carta). C’è chi è sottoposto a foglio di via. Le responsabilità penali siamo sicuri che saranno accertate nelle sedi opportune e con la massima serenità da parte della magistratura del luogo.
Continua Maria Pia Scarciglia: “Il pomeriggio del 9 dicembre scorso nei pressi della zona rossa ben 52 persone sono state poste in stato di fermo da polizia e carabinieri sopraggiunti immediatamente sul posto. Dai racconti degli attivisti - tra cui tre minorenni - emergerebbero episodi di violenza e abusi da parte delle forze dell’ordine. I ragazzi, infatti, riferiscono di essere stati ammanettati, fatti inginocchiare e rimasti in attesa con il volto a terra per oltre un’ora, privati del cellulare per contattare gli avvocati e la famiglia, insultati e minacciati ripetutamente, percossi, in manette, con il manganello o con calci. Manganelli branditi anche prima delle manette benchè non ci fosse stata da parte di alcuno la men che minima resistenza. Una ragazza ha anche dichiarato di essere stata oggetto di insulti sessisti. Tutto questo prima di essere tradotti in Questura a Lecce per essere identificati e poi denunciati a piede libero”.
“Una società sana e democratica – conclude la Scarciglia - deve poter garantire il diritto a manifestare e protestare senza ripercussioni per chi lo fa”