di Patrizio Gonnella, su il manifesto del 18 ottobre 2019
Chi ha a cuore lo Stato di diritto non può che essere un garantista. Il garantismo è una forma di protezione dei cittadini dagli abusi di potere delle istituzioni, ivi comprese quelle giudiziarie. Dunque essere garantisti significa credere nella presunzione di innocenza.
Significa credere nella terzietà del giudice e nell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Gli anni berlusconiani sono stati contrassegnati da una distorta nozione di garantismo. La legge Cirielli fu un manifesto del garantismo ai tempi di Berlusconi: prescrizione breve e previsione di garanzie processuali per alcuni (i colletti bianchi), prescrizione lunga e perdita di garanzie per tutti gli altri (tossicodipendenti, autori di piccoli reati di strada, immigrati, ossia i cosiddetti recidivi).
Salvini ha da qualche tempo inaugurato un nuovo doppio binario penale: da un lato massima benevolenza per i presunti torturatori, dall’altro estrema durezza, ben oltre i limiti dell’architettura costituzionale, per tutti gli altri. Tutti coloro che non indossano una divisa, imputati o condannati, sono destinati a ‘marcire in galera’, chi è un esponente delle forze di Polizia avrà da lui indulgenza, vicinanza, pacche sulle spalle.
Di fronte alle accuse di tortura da parte dei giudici di Torino nei confronti di alcuni agenti di Polizia penitenziaria, l’ex ministro dichiara che: «Uno Stato civile punisce gli errori ma che la parola di un detenuto valga gli arresti di un poliziotto mi fa girare le palle terribilmente. Quindi la mia massima solidarietà a quei sei padri di famiglia».
Pochi giorni prima, a seguito delle accuse di tortura nei confronti di alcuni agenti del carcere di San Gimignano, aveva affermato che lui sta sempre e comunque con le forze dell’ordine in quanto queste rischiano la vita ogni giorno per il nostro bene e la nostra sicurezza. A ciò seguì foto insieme a un gruppo di poliziotti penitenziari all’uscita del carcere postata su tutti i social. È dunque questa la nuova frontiera garantista dei potenti: vicinanza, protezione, impunità per chi è accusato di tortura; inclemenza e rigore per tutti gli altri.
Alcune brevi osservazioni conclusive: corruzione e tortura fanno parte di uno stesso campo semantico e giuridico essendo entrambi crimini commessi da persone che svolgono funzioni in nome e per conto dello Stato, così non sorprende il continuismo tra il garantismo berlusconiano e quello salviniano; la vicinanza di Salvini agli indagati, imputati e arrestati per tortura, lo pone in conflitto esplicito con la magistratura e con la nostra Costituzione; la gran massa dei poliziotti penitenziari non ha bisogno delle parole e dell’abbraccio strumentale di Salvini in quanto non usa nel proprio lavoro la violenza; essere padri di famiglia non è una causa di giustificazione penalmente rilevante, né per chi è accusato di tortura né per chi commette femminicidio; la tortura finalmente in Italia è un delitto ed è inaccettabile che qualcuno ne evochi l’abrogazione, come se il problema fosse l’esistenza del delitto e non chi lo ha forse commesso. Uso il forse perché resto garantista, nei confronti di tutti.