Per l'emergenza coronavirus che sta attraversando il nostro paese in molte carceri sono state sospese le attività condotte da volontari. Anche la nostra squadra di calcio a 5 femminile quindi sarà costretta ad un periodo di stop forzato fino, almeno, al 3 aprile. Questa la lettera che ha scritto la nostra allenatrice (e collega di Antigone) Carolina Antonucci alle giocatrici.
Care ragazze,
è la vostra coach che vi scrive. In queste ore nei vari gruppi sportivi whatsapp, da quelli dei genitori delle piccole e piccoli atleti, a quelli delle squadre di terza categoria, tra cui anche la nostra di Atletico Diritti, rimbalzano i messaggi sulla sospensione momentanea di tutte le attività sportive a causa del Covid-19, il coronavirus che tanto sta spaventando il nostro Paese e tutto il mondo. Noi della squadra femminile di calcio a 5 di Atletico Diritti non abbiamo un gruppo whatsapp. O meglio lo abbiamo solo noi dello staff, perché voi che in questo momento siete recluse nel penitenziario di Rebibbia femminile non potete avere con voi telefoni cellulari. Per questo vi scrivo, un po’ come si sarebbe fatto tra amici lontani tanti anni fa. Le attività sportive sono sospese, non solo le partite, ma anche gli allenamenti. Questo è quello che circola nei gruppi whatsapp.
Troppo rischioso mettere a stretto contatto persone diverse, con vite diverse che magari viaggiano per lavoro o che comunque nel loro quotidiano hanno relazioni con tante persone anche sconosciute, sui mezzi pubblici, per strada, in ufficio. Figuriamoci allora quanto è rischioso permettere a questo virus di entrare in un penitenziario. Un luogo circoscritto, una piccola cittadella fortificata, lontana da tutto e ora - con questa minaccia virale - anche da tutti. Per questa ragione è stato stabilito che fino al 3 aprile prossimo tutte le attività che prevedono l’ingresso in carcere di personale esterno, volontario o meno, sono sospese. Il tentativo è quello di impedire un incontrollato contagio in un luogo dove sarebbe impossibile circoscrivere il virus o tenere lontani gli ammalati dai sani. Per questa ragione care ragazze per quasi un mese non ci vedremo. Niente più allenamenti il martedì e il venerdì pomeriggio, niente più attese per uscire nel campetto, niente più battibecchi per correre 5 minuti anziché 10. Niente palleggi, passaggi, stop di pianta, niente più tiri, né allenamento dei portieri. Posso solo immaginare quanto vi pesi e quanto vi costi questa situazione. In carcere niente attività significa attendere l’inesorabile - ma allo stesso tempo lento - scorrere delle ore.
Per questa ragione Atletico Diritti, la nostra polisportiva che è nata ormai sei anni fa nel 2014, ha deciso a settembre 2018 di aprire una propria sezione sportiva proprio all’interno di un istituto di pena. Sebbene la mission sia stata fin dall’inizio quella di proporre un’integrazione orizzontale tra studenti, migranti e ragazzi con un trascorso con problemi con la giustizia (dagli esiti più differenti), tutte le attività si svolgevano fino ad allora fuori dal carcere, dal calcio maschile al cricket, fino al basket. La scelta di entrare in carcere è stata accompagnata anche alla scelta di aprire al mondo femminile, alle donne, con uno sport che troppo a lungo è stato considerato esclusivo appannaggio maschile, il calcio. E la risposta è stata incredibile. Tante donne, ragazze più o meno giovani, da quel carcere hanno urlato la loro passione per questo sport meraviglioso. E questa passione, che è la vostra, ci ha permesso in un anno di cercare un torneo per farvi giocare partite “vere” e non solo partitelle o amichevoli dentro quelle mura. Grazie al Centro Sportivo Italiano di Roma questo sogno è diventato realtà in questo autunno e quel pallone lo avete iniziato a inseguire (sempre un po’ camminando come è nel vostro stile) in classifica e non sempre più tanto “amichevolmente”. Dallo scorso ottobre ragazze del “mondo di fuori”, dalla libertà, vengono a sfidarvi sempre sul vostro campo di casa, perché voi da lì, per ora, non potete uscire. Avete vinto, avete gioito, avete perso e avete pianto. Come vi ha detto giustamente tante volte la vostra educatrice, è incredibile che in un carcere abbiate potuto avere l’opportunità di piangere per una partita persa. Significa che in quelle ore voi siete libere. Adesso questa interruzione obbligata, dovuta in una circostanza così critica per il Paese, non vi deve far temere il peggio. Non è un sogno che si infrange, c’è solo da mettere in campo la pazienza che un po’ avete imparato anche su quel campetto di cemento provando e riprovando gli stessi gesti.
Quelle porte si riapriranno e la palla ricomincerà a rotolare.