Ieri si è tenuta nell’aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere l’udienza preliminare del processo sui fatti accaduti il 6 aprile del 2020 nell’istituto di pena sammaritano.
Sono gravissime le contestazioni mosse ai 108 imputati. I legali degli imputati erano tutti presenti. In particolare, tre difensori hanno eccepito difetti di notifica e per questo la loro posizione è stata momentaneamente stralciata e differita ad altra data per ulteriori verifiche.
Purtroppo, hanno risposto all’appello del dott. D’Angelo un numero esiguo di difensori delle persone offese. A fronte delle 178 persone offese individuate dalla Procura della Repubblica, infatti, soltanto 56 difensori hanno chiesto di costituirsi parte civile.
In tal senso, Antigone ha lavorato nel corso di quest’anno, coordinandosi con l’Ambasciata d’Italia ad Algeri e con l’Ambasciata algerina in Italia, per consentire anche ai familiari di Lamine Hakimi, il ragazzo algerino deceduto il 4 maggio del 2020 nel carcere F. Uccella di Santa Maria Capua Vetere, di costituirsi parte civile. Oltre ad Antigone ci sono sei persone giuridiche che hanno chiesto di costituirsi nel processo: l’Ufficio del Garante dei detenuti nazionale, il Garante dei detenuti della Regione Campania, le associazioni il Carcere Possibile Onlus, Yairaiha Onlus e l’Associazione Contro gli Abusi in Divisa.
Anche il Ministero di Giustizia ha deciso di prendere posizione costituendosi nel processo, insieme con l’Azienda Sanitaria Locale, in cui era in servizio il personale medico imputato.
Il dott. D’Angelo, per consentire alle difese di studiare gli atti di costituzione delle parti civili e sollevare eventuali eccezioni, ha rinviato il processo alla data dell’11 gennaio 2022, riservandosi di decidere anche sulla richiesta della Procura di prorogare le misure cautelari il cui termine è prossimo alla scadenza.
Secondo Simona Filippi, responsabile del contenzioso della nostra associazione e Luigi Romano, presidente di Antigone Campania (rispettivamente difensori della madre e del padre di Lamine Hakimi, il detenuto morto nel carcere pochi giorni dopo aver subito il pestaggio), sarà un processo molto impegnativo in cui si dovrà considerare ogni aspetto della vicenda anche precedente e successiva ai pestaggi, specie in virtù delle condotte che avrebbero posto in essere numerosi imputati al fine di ostacolare l'accertamento di quanto accaduto.
I legali sono consapevoli che attraverso l’accertamento delle responsabilità individuali degli imputati si farà luce anche sulle pratiche violente che hanno attraversato il mondo penitenziario soprattutto nel corso del primo lockdown.