Marina Graziosi è stata parte della riflessione di Antigone sin dall’inizio. Era membro del Comitato scientifico dell’associazione e ci ha accompagnato in molti momenti importanti per la formazione del nostro pensiero e non solo. La ricordiamo nelle discussioni pubbliche ai nostri convegni e in quelle spesso ancor più dense nell’ufficio di Antigone. La ricordiamo nell’indimenticato agriturismo sul lago di Bolsena, dove per tanto tempo abbiamo tenuto il nostro incontro annuale di formazione residenziale interna prima di spostarci in altri luoghi. Un pensiero ampio e preciso, ma anche un senso dell’umorismo capace di sparigliare le carte della discussione in una risata collettiva. Sempre bello vedere lei e Luigi insieme, come fossero fidanzati da un giorno. Ripubblichiamo qui l’incipit di un articolo di Marina, tratto dalla rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale Jura Gentium, sullo sguardo che il sistema penale nella storia ha avuto sulla donna, uno dei fili conduttori della sua riflessione (Stefano Anastasia, Patrizio Gonnella, Susanna Marietti, Mauro Palma).
«Il problema dell'uguaglianza, e quello dei diritti ad essa connessi, sembra essersi posto oggi in modo nuovo al centro di un ampio dibattito. Molte delle domande che vengono avanzate riguardano da un lato il senso complessivo della cittadinanza e le possibilità di azionarla da parte di soggetti considerati "deboli", dall'altro i conflitti creati dall'emergere di tali soggetti e le risposte che ad essi si danno. Si deve soprattutto alla riflessione femminile se agli approcci più classici al tema si è aggiunto un diverso punto di vista, quello della differenza di genere, che sembra aver scardinato molte antiche certezze. Il pensiero delle donne si è mosso infatti in questi anni su percorsi teorici assai fecondi e costruttivi, nell'intento di chiarire non solo tutti quegli elementi che rendono la differenza di genere non assimilabile alle altre, ma anche di avanzare delle proposte. Uno dei termini del problema è naturalmente il diritto. E la possibilità che all'interno di esso si renda visibile - in senso nuovo - la differenza. Ma in quali forme, in che modo è possibile realizzare il senso nuovo che a un diritto di genere vorrebbe darsi? E quali rischi può comportare un simile approccio? Qualche risposta alle domande di oggi può forse offrirla una ricognizione sommaria del passato, alla ricerca non solo delle tracce giuridiche della "servitù delle donne", ma anche di segni che ne illuminino la complessità ed il senso. L'esclusione delle donne, infatti, sembra essere non solo la più antica e la più duratura nel tempo, ma anche quella il cui disegno e le cui motivazioni sono iscritte più chiaramente nel diritto. È possibile, quindi, per ricostruirne la storia, far riferimento ad un corpus già dato e articolato di norme, di concetti e costruzioni dottrinarie, anche volendone trascurare l'implementazione».
Marina Graziosi è stata parte della riflessione di Antigone sin dall’inizio. Era membro del Comitato scientifico dell’associazione e ci ha accompagnato in molti momenti importanti per la formazione del nostro pensiero e non solo. La ricordiamo nelle discussioni pubbliche ai nostri convegni e in quelle spesso ancor più dense nell’ufficio di Antigone. La ricordiamo nell’indimenticato agriturismo sul lago di Bolsena, dove per tanto tempo abbiamo tenuto il nostro incontro annuale di formazione residenziale interna prima di spostarci in altri luoghi. Un pensiero ampio e preciso, ma anche un senso dell’umorismo capace di sparigliare le carte della discussione in una risata collettiva. Sempre bello vedere lei e Luigi insieme, come fossero fidanzati da un giorno. Ripubblichiamo qui l’incipit di un articolo di Marina, tratto dalla rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale Jura Gentium, sullo sguardo che il sistema penale nella storia ha avuto sulla donna, uno dei fili conduttori della sua riflessione (Stefano Anastasia, Patrizio Gonnella, Susanna Marietti, Mauro Palma)
«Il problema dell'uguaglianza, e quello dei diritti ad essa connessi, sembra essersi posto oggi in modo nuovo al centro di un ampio dibattito. Molte delle domande che vengono avanzate riguardano da un lato il senso complessivo della cittadinanza e le possibilità di azionarla da parte di soggetti considerati "deboli", dall'altro i conflitti creati dall'emergere di tali soggetti e le risposte che ad essi si danno. Si deve soprattutto alla riflessione femminile se agli approcci più classici al tema si è aggiunto un diverso punto di vista, quello della differenza di genere, che sembra aver scardinato molte antiche certezze. Il pensiero delle donne si è mosso infatti in questi anni su percorsi teorici assai fecondi e costruttivi, nell'intento di chiarire non solo tutti quegli elementi che rendono la differenza di genere non assimilabile alle altre, ma anche di avanzare delle proposte. Uno dei termini del problema è naturalmente il diritto. E la possibilità che all'interno di esso si renda visibile - in senso nuovo - la differenza. Ma in quali forme, in che modo è possibile realizzare il senso nuovo che a un diritto di genere vorrebbe darsi? E quali rischi può comportare un simile approccio? Qualche risposta alle domande di oggi può forse offrirla una ricognizione sommaria del passato, alla ricerca non solo delle tracce giuridiche della "servitù delle donne", ma anche di segni che ne illuminino la complessità ed il senso. L'esclusione delle donne, infatti, sembra essere non solo la più antica e la più duratura nel tempo, ma anche quella il cui disegno e le cui motivazioni sono iscritte più chiaramente nel diritto. È possibile, quindi, per ricostruirne la storia, far riferimento ad un corpus già dato e articolato di norme, di concetti e costruzioni dottrinarie, anche volendone trascurare l'implementazione».