Il Presidente di Antigone auspica che l’attivista francese sia assolto dalle accuse e che venga riconosciuta la causa di giustificazione per lo stato di necessità delle persone che stava aiutando a passare il confine tra Italia e Francia
“La richiesta di condanna per Félix Croft è totalmente sproporzionata e potrebbe aprire un precedente pericoloso”. A dirlo è Patrizio Gonnella a pochi giorni dalla sentenza del Tribunale di Imperia, attesa per il prossimo 27 aprile.
Il 28enne francese è sotto processo per aver tentato di portare cinque persone in Francia. Queste, tre adulti tra cui una donna incinta e due bambini di 2 e 5 anni, provenivano dal Darfur - zona del Sudan sconvolta da anni di guerra - e fino a quel momento avevano trovato riparo in una chiesa di Ventimiglia.
Strasburgo/Italia. Il carcere improvvisato nella caserma genovese per detenere i presumibili arrestati per le proteste durante il G8, e messo nelle mani di un corpo speciale di Polizia penitenziaria, fu un modello pensato da qualcuno più in alto. Dunque è compito del Parlamento fare luce sui responsabili politici di quella scelta.
di Patrizio Gonnella - il manifesto del 08/04/2017
«G.O.M. ovvero Gruppo Operativo Mobile, ovvero Corpo speciale di Polizia Penitenziaria. Sganciato da ogni controllo, è chiamato a gestire le emergenze, i casi particolari, le situazioni a rischio. E la caserma di Bolzaneto era una di queste». Era questo l’incipit di un articolo mio e di Stefano Anastasia, allora presidente di Antigone, pubblicato sul manifesto il 28 luglio del 2001, a una settimana dalle torture avvenute a Genova. Torture come nella tradizione tragica di Villa Triste a Firenze o di Villa Grimaldi a Santiago del Cile.
COMUNICATO STAMPA - “Si approvi subito la legge che punisce la tortura”. A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, a seguito del patteggiamento dell’Italia con sei delle vittime delle torture all’interno della Caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001 a Genova.
Ad ognuna delle stesse andranno 45.000 € di risarcimento per quelle violenze, stessa cifra che lo stato fu costretto a risarcire ad Arnaldo Cestaro per le torture alla scuola Diaz all’indomani della sentenza della CEDU nell’aprile del 2015. Sempre 45.000 € furono offerti anche ai due detenuti vittime di torture nel carcere di Asti nel dicembre del 2004. In quest’ultimo caso fu però la stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che oggi ha riconosciuto chiuso il caso a seguito dell’accordo fra Stato e vittime, a scartare la possibilità della composizione amichevole offerta dal governo italiano. Caso questo per il quale si è in attesa della sentenza.
COMUNICATO STAMPA - “Il dibattito a cui si assiste in questi giorni relativamente ad una ulteriore modifica del regime della legittima difesa è surreale e pericoloso”. A dichiararlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
La fattispecie in questione era sufficientemente definita nel codice Rocco, di era fasciata, che per quanto riguarda Antigone andrebbe modificato in senso meno repressivo e più garantista come tante commissioni ministeriali (Grosso, Nordio, Pisapia) hanno invano provato a fare. La legittima difesa ha quale presupposto il principio sacrosanto di proporzionalità tra azione e reazione. La destra al governo, Lega compresa, modificò l’articolo 52 del codice penale nel 2006 poco prima delle elezioni che perderà (a dimostrazione che questi temi non necessariamente portano facili consensi). Venne così allargata la possibilità di reazione legittima ai casi di pericolo di aggressione.
“A fronte di quella modifica non si vede che altro possa fare il legislatore - sottolinea Gonnella - se non liberalizzare l’omicidio”. “Legittimare la difesa fai da te è un attacco diretto alle forze dell’ordine che, evidentemente, non sono ritenute in grado di svolgere il proprio dovere. Oltretutto avere gente più armata non serve a rendere più sicure le città ma, al contrario, rende più insicuri tutti” dice ancora il presidente di Antigone. “Soffiare sul fuoco della legittima difesa è infatti un invito, neanche troppo velato, ad armarsi, situazione che può ben presto sfuggire al controllo anche di chi oggi promuove queste politiche”.
“È paradossale - sottolinea Gonnella - che mentre negli Stati Uniti si discuta di come porre un freno alla diffusione di armi in mano alle famiglie, in Italia si incentivi questa politica, oltretutto a fronte di un costante calo nei reati”.
Da alcune settimane è in corso la gara indetta dal ministero della Giustizia per la progettazione esecutiva di un carcere a Nola, in Campania.
Un provvedimento che vede la forte contrarietà di Antigone e della Fondazione Michelucci per la dimensione, il totale isolamento dalla città, la scelta della zona che presenta problemi di carattere idrogeologico e di inquinamento, nonché la vaghezza relativamente alle attività lavorative che saranno svolte e ai rapporti con il territorio su questo fronte.
Elementi che portano le due organizzazioni a sostenere come questo bando sia in aperto contrasto con le indicazioni provenienti dal rapporto conclusivo degli Stati Generali dell’esecuzione penale.
“La dimensione esorbitante prescelta, per una capienza regolamentare di 1.200 detenuti, che potranno realisticamente diventare 2.400 presenti essendo le celle progettate come singole, farebbe dell’Istituto nolano uno dei più capienti carceri in Italia e rischia di trasformare la Città Metropolitana di Napoli in un vero e proprio distretto del penitenziario, ad una prison valley all’italiana, in cui non sarà mai possibile attuare il delicato compito di reinserimento sociale che la Costituzione repubblicana attribuisce alla pena”. A dirlo è Alessio Scandurra, responsabile dell’Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione.