di Patrizio Gonnella su il manifesto del 13 agosto 2021
Chissà cosa mai avrebbe detto don Milani se avesse letto quell’ordinanza di un tribunale di sorveglianza che, nel negare a un detenuto una misura esterna di maggiore libertà, afferma perentoriamente che quel detenuto ha studiato troppo e potrebbe usare le sue lauree (conseguite durante la carcerazione) e la sua cultura universitaria per andare a rafforzare la sua dimensione criminale. Tutto ciò è accaduto nella dotta Bologna che vanta una delle università più nobili e antiche della storia italiana. C’è da restare basiti, ma anche un tantino preoccupati. Non so da quale argomento partire a spiegazione della mia incredulità e di tutta la comunità di Antigone, investita del caso dopo che il detenuto coinvolto aveva manifestato tutta la sua disperazione. Un’incredulità condivisa da tanti studiosi e giuristi, tra cui il prof. Giovanni Maria Flick, autore insieme alla nostra avvocatessa Francesca Cancellaro del ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani.
Questa mattina abbiamo presentato il nostro rapporto di metà anno sulle condizioni di detenzione in Italia.
In un carcere sconvolto dalle immagini della mattanza avvenuta nell'istituto di Santa Maria Capua Vetere, questa della violenza non è l'unica emergenza che riguarda il sistema penitenziario italiano. Sono diverse infatti le problematiche che vanno afrrontate con urgenza. Resta presente quella del sovraffollamento con un tasso che supera il 113% con oltre 53.000 detenuti a fronte di 47.000 posti disponibili. Per affrontare la questione basterebbe incentivare le misure alternative. Sono poco meno di 20.000 i detenuti che, con un residuo pena di meno di 3 anni, potrebbero accedervi. Un ulteriore intervento potrebbe riguardare una modifica della legge sulle droghe. 1 detenuto su 4 ha una diagnosi di tossicodipendenza e queste persone andrebbero prese in carico dai servizi territoriali per affrontare la loro problematica e non chiusi in un carcere.
Nonostante la pandemia, negli ultimi 12 mesi il nostro osservatorio ha visitato 67 carceri. Nel 42% degli istituti oggetto del monitoraggio sono state trovate celle con schermature alle finestre che impediscono passaggio di aria e luce naturale. Nel 36% delle carceri vi erano celle senza doccia (il regolamento penitenziario del 2000 prevedeva che, entro il 20 settembre 2005, tutti gli istituti installassero le docce in ogni camera di pernottamento). Nel caldo di questi giorni estivi si può facilmente immaginare la difficoltà di vivere in questi luoghi. Difficoltà accentuata dal fatto che, proprio a causa della pandemia, nel 24% degli istituti ci sono sezioni in cui si si è passati dal regime a celle aperte a quello a celle chiuse. Anche se il primo resta ancora predominante.
Il prossimo 29 luglio, dalle ore 11.00, in diretta sulla pagina facebook e il canale youtube dell'associazione, Antigone presenterà il consueto rapporto di metà anno sulle condizioni di detenzione. Il documento servirà a tracciare un primo bilancio di quanto avvenuto nel sistema penitenziario italiano nella prima parte del 2021, così come emerso dalle visite di monitoraggio delle carceri che l'associazione ha svolto finora. Saranno presentati numeri, dati e informazioni sulle condizioni degli istituti di pena.
Un focus speciale riguarderà anche i procedimenti attualmente aperti - nei quali Antigone è parte attiva - per le ipotesi di violenze all'interno delle carceri.
Sarà inoltre presentato il documento con le proposte di riforma del regolamento penitenziario, che l'associazione ha inviato nei giorni scorsi al Presidente del Consiglio Draghi, alla Ministra della Giustizia Cartabia e ai parlamentari delle Commissioni giustizia di Camera e Senato.
Per seguire la presentazione non è necessario seguire la pagina o essere iscritti al canale, ma vi consigliamo di farlo per ricevere una notifica nel momento in cui la diretta partirà.
"Anche per gli episodi avvenuti nel carcere di Torino, a conclusione delle indagini, è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per 25 tra agenti e operatori. Tra i vari reati contestati c'è anche quello di tortura. Antigone, in caso di processo, chiederà di costituirsi parte civile dopo avere presentato un proprio esposto. Ci auguriamo che, come sta avvenendo in altri casi, anche il Governo faccia lo stesso. I fatti oggetto di indagine sono diversi rispetto a quelli accaduti a Santa Maria Capua Vetere ma altrettanto raccapriccianti con responsabilità che toccano la gestione del sistema. Si tratta dell'ennesimo caso emerso negli ultimi mesi, dopo l'emissione dell'ordinanza cautelare per le violanze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e le condanne per tortura ai danni di poliziotti penitenziari nel carcere di Ferrara e San Gimignano. Inoltre ci sono diversi procedimenti aperti, molti dei quali seguiti dalla nostra associazione, per presunte violenze e torture avvenute in altri istituti penitenziari.
Episodi che sono il segno evidente della necessità di profonde riforme all'interno del sistema penitenziario italiano. Va rivisto drasticamente il modello di organizzazione pensando a una formazione diversa e multidisciplinare degli agenti penitenziari. Bisogna prevenire i fatti di tortura attraverso la previsione di video sorveglianza in tutti gli istituti, sottoscrizione di un codice deontologico, predisposizione di linee guida nazionali sull'uso della forza, assunzione di personale civile, fino ad una maggiore generalizzata apertura ai fini di una umanizzazione della pena. Chiediamo al Dap che dia un messaggio netto in questo senso a tutti gli operatori. Antigone ha presentato una proposta di riforma del regolamento penitenziario che va in questo senso".
Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
Il 20 settembre del 2000 entrò in vigore l'attuale regolamento penitenziario. Questo documento affianca la legge penitenziaria e può favorire un netto avanzamento della vita interna verso una pena costituzionalmente orientata. È arrivato il momento che il Governo approvi nuove regole che modernizzino la vita carceraria. Antigone ha elaborato e proposto un nuovo regolamento penitenziario che prevede più possibilità di contatti telefonici e visivi, un maggiore uso delle tecnologie, un sistema disciplinare orientato al rispetto della dignità della persona, una riduzione dell'uso dell'isolamento, forme di prevenzione degli abusi, sorveglianza dinamica e molto altro.
Con competenza e lungimiranza, quel regolamento proponeva un’idea di detenzione fondata sul rispetto della dignità della persona e sul progressivo riavvicinamento alla società esterna. Una parte delle norme ha sicuramente contribuito ad elevare gli standard di detenzione nel nostro Paese; un’altra parte però necessita una rivisitazione alla luce dei tanti cambiamenti normativi sociali, culturali, legislativi, tecnologici intervenuti negli ultimi due decenni; infine una terza parte (quella che prevedeva interventi di tipo strutturale) richiede ancora piena attuazione. Purtroppo non poche disposizioni regolamentari sono rimaste lettera morta lungo gli scorsi vent’anni, a cominciare dalle indicazioni edilizie per adeguarsi alle quali era previsto un arco di tempo non superiore ai cinque anni.
Un nuovo regolamento, efficace e in linea con l'attualità dei tempi, significa garantire tanti diritti alle persone detenute: dal diritto alla salute, al diritto ai contatti con i propri affetti, ai diritti delle minoranze (stranieri, donne), ai diritti lavorativi, educativi, religiosi.