Per l'emergenza coronavirus che sta attraversando il nostro paese in molte carceri sono state sospese le attività condotte da volontari. Anche la nostra squadra di calcio a 5 femminile quindi sarà costretta ad un periodo di stop forzato fino, almeno, al 3 aprile. Questa la lettera che ha scritto la nostra allenatrice (e collega di Antigone) Carolina Antonucci alle giocatrici.
Care ragazze,
è la vostra coach che vi scrive. In queste ore nei vari gruppi sportivi whatsapp, da quelli dei genitori delle piccole e piccoli atleti, a quelli delle squadre di terza categoria, tra cui anche la nostra di Atletico Diritti, rimbalzano i messaggi sulla sospensione momentanea di tutte le attività sportive a causa del Covid-19, il coronavirus che tanto sta spaventando il nostro Paese e tutto il mondo. Noi della squadra femminile di calcio a 5 di Atletico Diritti non abbiamo un gruppo whatsapp. O meglio lo abbiamo solo noi dello staff, perché voi che in questo momento siete recluse nel penitenziario di Rebibbia femminile non potete avere con voi telefoni cellulari. Per questo vi scrivo, un po’ come si sarebbe fatto tra amici lontani tanti anni fa. Le attività sportive sono sospese, non solo le partite, ma anche gli allenamenti. Questo è quello che circola nei gruppi whatsapp.
Nella giornata di ieri Antigone ha scritto al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte e al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, chiedendo che ogni detenuto possa telefonare per 20 minuti ai propri famigliari, a fronte dei 10 minuti a settimana previsti dalle norme dell'ordinamento penitenziario.
“La richiesta – sottolinea Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – si giustifica con l'emergenza coronavirus che sta portando importanti limitazioni anche in ambito penitenziario. I detenuti hanno paura e vivono con angoscia la solitudine. In molte carceri non sono consentiti colloqui visivi e sono impediti gli accessi ai volontari. Le indicazioni emanate dall’Amministrazione Penitenziaria servono a prevenire il diffondersi dell'epidemia anche in questi luoghi. Non sono omogenee sul territorio nazionale. Stiamo comunque assistendo – specifica ancora Gonnella - a una compressione dei diritti delle persone detenute. In alcuni casi inevitabile. Proprio per questo – afferma il presidente di Antigone – invitiamo il governo a concedere 20 minuti di telefonate al giorno (che tra l'altro inciderebbe positivamente sull'uso illecito di cellulari), ad attivare dappertutto Skype per i colloqui a distanza.
Stupefacenti. In Paesi come il Canada e gli Stati Uniti scelte di legalizzazione della cannabis sono state realizzate grazie al contributo fondamentale di investigatori ed esperti che hanno definito vecchia e inutile la war on drugs
di Patrizio Gonnella su il manifesto del 21 febbraio 2020
I detenuti tossicodipendenti rappresentano un quarto della popolazione detenuta. Quelli ristretti per avere violato la legge sugli stupefacenti sono a loro volta circa un terzo dei 61 mila reclusi nelle carceri italiane.
La custodia cautelare pesa anch’essa più o meno un terzo rispetto ai numeri globali della detenzione nel nostro Paese. Esiste un sotto-insieme di detenuti che è costituito da persone che hanno violato la legge sulle droghe e che hanno allo stesso tempo problemi di dipendenza. Lo spacciatore è, quindi, non di rado anche consumatore di sostanze. Non raramente si tratta di giovani che provengono da contesti marginali e che presentano anche disagi di tipo psichico.
L’Italia è il Paese del Consiglio d’Europa che ha tra i numeri più alti di condannati in via definitiva per reati di droga: circa dodici punti percentuali in più rispetto alla Spagna e alla Francia, oltre venti punti in più rispetto alla Germania.
“La giustizia penale minorile continua a essere un modello che punta non sul carcere e questa è una buona notizia”. A dirlo è stato Patrizio Gonnella introducendo la presentazione di “Guarire i ciliegi”, il quinto rapporto di Antigone sugli Istituti Penali per Minorenni, avvenuta nella mattinata di oggi all’interno della Comunità Borgo Amigò, un luogo che incarna quello che per Antigone deve essere l’obiettivo ultimo della giustizia minorile: dare risposte sul terreno sociale e non penale.
Non a caso il titolo del rapporto ha rappresentato un omaggio alla canzone "Un medico" di Fabrizio De André, dove il protagonista da bambino aveva il sogno di guarire i ciliegi. “Compito del sistema della giustizia minorile - ha spiegato Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone e curatrice del rapporto - è infatti quello di proteggere i sogni dei ragazzi, promuovere per loro ogni possibilità futura, facendo sì che il giovane percepisca di avere davanti a sé tutte le alternative di vita aperte e non si senta stigmatizzato e costretto dall'esperienza penale”.
"Ci rivolgiamo alle autorità italiane, ed in particolare al Ministro degli Esteri, affinché chiedano all'Egitto di visitare in carcere lo studente Patrick Zaky. Chiediamo anche che della delegazione possano farne parte esponenti della società civile italiana ed internazionale. Se l'Egitto non ha nulla da nascondere, non temerà certo la visita di persone pacifiche? E' nostro dovere morale proteggere Patrick Zaky che aveva scelto l'Italia per perfezionare la sua formazione culturale e scientifica. Lo dobbiamo a tutti quelli che scelgono l'Italia per studiare in serenità. La libertà di opinione e dissenso va sempre assicurata".
Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella e Arturo Salerni, rispettivamente presidenti di Antigone e della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD).
Ieri il Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri è tornato a parlare di lavoro in carcere, riconoscendone il ruolo fondamentale per il reinserimento delle persone ma proponendo che, in assenza di risorse, questo avvenga in forma gratuita. Ma il lavoro gratuito non è altro che lavoro coatto.
Il diritto internazionale vieta i lavori forzati. La storia delle tirannie – nazionalsocialista ma anche stalinista – è una storia iconograficamente nota al mondo anche tramite le immagini dei lavori forzati. Auschwitz-Birkenau era un campo di lavori forzati. Così recitano le Regole Penitenziarie Europee: «Il lavoro penitenziario deve essere considerato come un elemento positivo del trattamento, della formazione del detenuto e della gestione dell’istituto… Nella misura del possibile, il lavoro deve essere tale da conservare e aumentare la capacità del detenuto di guadagnarsi normalmente la vita dopo la sua dimissione... L’organizzazione e il metodo di lavoro negli istituti devono avvicinarsi, nella misura del possibile, a quelli che regolano un lavoro nella società esterna, al fine di preparare il detenuto alle condizioni normali del lavoro libero… Deve essere previsto un sistema equo di remunerazione del lavoro dei detenuti».
Ce lo dice anche l’Europa dunque che il lavoro non può che essere retribuito. Lo dicono secoli di storia di sfruttamento umano. Lo afferma perentoriamente l’articolo 8 del Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite del 1966 entrato in vigore in Italia nel 1976: «A nessuno può essere richiesto di svolgere lavoro forzato». Non vi sono eccezioni.
di Patrizio Gonnella. Pubblicato su il manifesto del 25 gennaio 2020
Sono trascorsi quattro anni, lunghi e penosi, da quando Giulio Regeni è stato torturato e ammazzato in Egitto. Un omicidio politico consumato impunemente, almeno finora, ai danni di un giovane ricercatore italiano.
Di fronte a ogni crimine, comune o politico, vi sono sempre due verità, una storica e l’altra processuale, non sempre sovrapposte, ma soprattutto non sempre sovrapponibili. La storia giudiziaria e politica italiana degli ultimi cinquant’anni è piena di doppie verità.
LA VERITÀ PROCESSUALE è necessariamente dettata dai tempi e dalle forme della giustizia, nonché dallo stato della democrazia in un dato Paese o dall’asservimento in un certo momento storico del potere giudiziario a quello politico.
La storia invece non ha bisogno di un processo in un’aula di tribunale per definire come veri taluni fatti. Giulio Regeni è stato torturato a morte. Questo è un fatto storicamente accaduto ed oramai ampiamente dimostrato. La tortura è qualificata nel diritto internazionale quale un crimine di Stato. Non riguarda i rapporti violenti tra persone comuni nelle loro vite private. La tortura presuppone un rapporto asimmetrico tra la persona fermata/arrestata/controllata/detenuta e colui che la custodisce/trattiene/detiene/controlla in nome e per conto del potere pubblico.
Questa mattina il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura, organo del Consiglio d'Europa, ha pubblicato un report (lo si può leggere qui, mentre qui si può leggere la sintesi tradotta da noi in italiano) sulla visita effettuata in Italia nei mesi scorsi e durante la quale i membri del Comitato avevano visitato alcune carceri del nostro paese
"Quello che emerge nel report - il commento di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - è una situazione che denunciamo da diverso tempo e che abbiamo avuto modo di segnalare anche al CPT, incontrato da noi durante la loro visita. La spinta riformatrice post sentenza Torreggiani si è fermata e questo ha prodotto e sta producendo un peggioramento delle condizioni di detenzione, con situazioni gravi sulle quali chi ha responsabilità politiche dovrebbe intervenire con urgenza".
I membri del CPT, tra i vari istituti, hanno visitato anche Viterbo e Biella. In queste carceri erano già emerse numerose denunce da parte di detenuti che segnalavano episodi di violenza subiti da parte degli agenti di polizia penitenziaria. Il Comitato ha ritenuto che la documentazione supportasse la veridicità delle accuse di maltrattamenti. "Questi casi di violenze erano stati oggetto di esposti da parte della nostra associazione - sottolinea ancora Gonnella. A maggior ragione dopo la pubblicazione del rapporto del CPT auspichiamo che ci sia una accelerazione sia nell'indagine amministrativa che in quella penale. Sarebbe anche importante che arrivasse il segnale esplicito da parte del governo intorno all'assoluto e categorico divieto di uso arbitrario della forza. Sappiamo che questi episodi non accadono dappertutto e dunque, a maggior ragione, è possibile un'opera di prevenzione. Nel rapporto si legge come, tra gennaio 2017 e giugno 2019, il numero di agenti sottoposti a procedimento disciplinare per fatti di maltrattamenti sia pari a 11 unità. 52 sono invece coloro che sono sottoposti a procedimento penale. La maggior parte di questi fatti è ancora pendente dinanzi alla magistratura".
"Riteniamo un grave errore quello del governo che, nel Consiglio dei Ministri tenutosi ieri, ha dato il via libera alla dotazione stabile per tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine della pistola elettrica taser, un'arma pericolosa e potenzialmente mortale, come ci dimostra la realtà dei paesi in cui è in uso". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
La sperimentazione del taser era partita nel settembre del 2018 in dodici città su iniziativa dell'allora ministro dell'Interno Salvini. Secondo un'indagine della Reuters il taser ha provocato oltre mille morti nei soli Stati Uniti. La stessa azienda americana che la produce - la Taser International Incorporation, da cui deriva il nome dell'arma - chiamata in causa sulla potenziale pericolosità, ha dichiarato che esisterebbe un rischio di mortalità pari allo 0,25%. Ciò significa che se il taser venisse usato su 400 persone una di queste potrebbe morire.
E' stato pubblicato lo scorso 20 novembre il 10° Rapporto CRC, un'occasione fondamentale di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia.
La data prescelta non è casuale. Proprio il 20 novembre 2019 si è infatti celebrato il trentennale della CRC (Convention on the Rights of the Child) ed è stata l’occasione per riaffermare la centralità della stessa nel quadro degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) individuati dall’Agenda globale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile.
Con la redazione di questo rapporto - cui abbiamo contribuito anche noi, insieme alle 100 associazioni di cui è composto il network - si apre un nuovo ciclo di monitoraggio: un percorso che prevede un confronto tra il Governo, la società civile e gli esperti per migliorare l’attuazione della CRC nel nostro Paese.
E' possibile leggere e scaricare il rapporto a questo link.