Il prossimo 29 luglio, dalle ore 11.00, in diretta sulla pagina facebook e il canale youtube dell'associazione, Antigone presenterà il consueto rapporto di metà anno sulle condizioni di detenzione. Il documento servirà a tracciare un primo bilancio di quanto avvenuto nel sistema penitenziario italiano nella prima parte del 2021, così come emerso dalle visite di monitoraggio delle carceri che l'associazione ha svolto finora. Saranno presentati numeri, dati e informazioni sulle condizioni degli istituti di pena.
Un focus speciale riguarderà anche i procedimenti attualmente aperti - nei quali Antigone è parte attiva - per le ipotesi di violenze all'interno delle carceri.
Sarà inoltre presentato il documento con le proposte di riforma del regolamento penitenziario, che l'associazione ha inviato nei giorni scorsi al Presidente del Consiglio Draghi, alla Ministra della Giustizia Cartabia e ai parlamentari delle Commissioni giustizia di Camera e Senato.
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Il 20 settembre del 2000 entrò in vigore l'attuale regolamento penitenziario. Questo documento affianca la legge penitenziaria e può favorire un netto avanzamento della vita interna verso una pena costituzionalmente orientata. È arrivato il momento che il Governo approvi nuove regole che modernizzino la vita carceraria. Antigone ha elaborato e proposto un nuovo regolamento penitenziario che prevede più possibilità di contatti telefonici e visivi, un maggiore uso delle tecnologie, un sistema disciplinare orientato al rispetto della dignità della persona, una riduzione dell'uso dell'isolamento, forme di prevenzione degli abusi, sorveglianza dinamica e molto altro.
Con competenza e lungimiranza, quel regolamento proponeva un’idea di detenzione fondata sul rispetto della dignità della persona e sul progressivo riavvicinamento alla società esterna. Una parte delle norme ha sicuramente contribuito ad elevare gli standard di detenzione nel nostro Paese; un’altra parte però necessita una rivisitazione alla luce dei tanti cambiamenti normativi sociali, culturali, legislativi, tecnologici intervenuti negli ultimi due decenni; infine una terza parte (quella che prevedeva interventi di tipo strutturale) richiede ancora piena attuazione. Purtroppo non poche disposizioni regolamentari sono rimaste lettera morta lungo gli scorsi vent’anni, a cominciare dalle indicazioni edilizie per adeguarsi alle quali era previsto un arco di tempo non superiore ai cinque anni.
Un nuovo regolamento, efficace e in linea con l'attualità dei tempi, significa garantire tanti diritti alle persone detenute: dal diritto alla salute, al diritto ai contatti con i propri affetti, ai diritti delle minoranze (stranieri, donne), ai diritti lavorativi, educativi, religiosi.
5 agenti penitenziari sono stati rinviati a giudizio, a vario titolo, per i reati lesioni aggravate, falso, calunnia, violenza privata, abuso d'ufficio e omessa denuncia a danno di U.M. un uomo detenuto, all'epoca dei fatti, nel carcere di Monza.
"Il caso - ricorda Simona Filippi, avvocato che segue questi casi per conto dell'Associazione - fu portato a conoscenza di Antigone nell'agosto del 2019, quando venimmo contattati dal fratello dell'uomo che raccontò di una violenta aggressione fisica ad opera di diversi agenti di polizia penitenziaria. I fatti sarebbero avvenuti nel corridoio della sezione dove il detenuto sarebbe stato preso a calci e pugni. II 25 settembre presentammo un esposto alla Procura che avviò le indagini. Antigone si è costituita anche parte civile nel procedimento".
"Nei giorni in cui è esploso il caso delle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, quello che arriva da Monza è un altro segnale importante di come non ci debba essere spazio per l'impunità davanti ad episodi di questo tipo - dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. Ora attendiamo l'inizio del processo penale che, anche in questo caso, dovrà stabilire cosa accadde nell'istituto di Monza. Come sempre, ci auguriamo che anche in questo caso il governo si costituisca parte civile per dare un segnale forte a tutti gli operatori penitenziari, soprattutto a coloro che ogni giorno svolgono il proprio lavoro nel rispetto della Costituzione e quindi della dignità dei detenuti. Segnale - conclude Gonnella - arrivato dall'Amministrazione Penitenziaria che, nel caso specifico, ha collaborato affinché si accertassero i fatti".
Durante la riunione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, avvenuta fra il 7 e il 9 giugno 2021, si è discusso di ergastolo ostativo a partire dal caso Viola per il quale l'Italia era stata già condannata. Il Comitato dei Ministri è incaricato di supervisionare l’esecuzione delle sentenze della Corte EDU. Dunque dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, il Consiglio d'Europa torna sul tema. Il Comitato dei Ministri ha ribadito che sono necessarie misure legislative che diano ai tribunali la possibilità di rivedere la condanna all’ergastolo alla luce di una valutazione globale del percorso di risocializzazione anche in assenza di collaborazione con la giustizia.
La morte di Moussa Balde, il 23 maggio, nei così detti “ospedaletti” del CPR di Torino, ci interroga, come cittadini e come giuristi, su alcune fondamentali questioni in merito al trattamento oggi riservato ai migranti.
Moussa Balde è stato trattenuto al C.P.R., e prima ancora è stato condotto presso gli uffici di polizia di Ventimiglia, perché cittadino straniero irregolare, subito dopo aver subito una selvaggia aggressione da parte di tre italiani, a Ventimiglia, il 9 maggio. Per quanto noto in questa fase, la sua condizione di persona offesa è stata immediatamente dimenticata, a causa dell'irregolarità del suo soggiorno, e non gli era stata fornita alcuna delle informazioni conseguenti, quali, tra l'altro, la facoltà di presentare denunce o querele, il diritto di chiedere di essere informato sullo stato del procedimento, la possibilità di avvalersi dell'assistenza linguistica. Gli è stato di fatto negato il diritto di partecipare al procedimento penale. Moussa Balde aveva anzi riferito di non avere neppure compreso che l'aggressione avesse generato delle indagini, che i suoi aggressori fossero stati identificati, né tantomeno sapeva che c'era un video che aveva ripreso quella aggressione (all'ingresso nel CPR i trattenuti vengono privati dei telefoni cellulari, benché la legge garantisca la libertà di comunicazione anche telefonica con l'esterno, e non hanno accesso ad internet). Questa prima parte della vicenda conferma per l'ennesima volta che per lo Stato italiano la persecuzione degli stranieri privi di un permesso di soggiorno è considerata una priorità assoluta, da esercitare a qualunque costo, anche a scapito di diritti fondamentali (in alcuni casi, e il Mediterraneo ne è muto testimone, anche della vita dei migranti).