COMUNICATO STAMPA - Questa mattina Gennaro Migliore – sottosegretario alla Giustizia – intervenendo durante la trasmissione di Radio 1 Rai, “La radio ne parla”, esprimendosi a nome del governo ha sottolineato come vorrebbe che una legge che punisca la tortura venisse approvata.
“È un fatto importante che sia un membro del Governo a sottolineare la necessità di introdurre il reato di tortura nel nostro codice penale” dichiarano Patrizio Gonnella, Franco Corleone e Stefano Anastasia.
"Stefano Cucchi è stato vittima di tortura come Giulio Regeni". A dirlo è stato il Pg Eugenio Rubolino nella sua requisitoria al processo d’appello bis per la vicenda della morte di Stefano Cucchi, a cui è seguita la richiesta di condanna di cinque imputati per omicidio colposo.
"Ancora una volta - dichiara Patrizio Gonnella - in un'aula di tribunale italiana si torna a parlare di tortura e, ancora una volta, dobbiamo constatare la mancanza di questo reato nel codice penale".
"Dopo essere stato approvato alla Camera nell'aprile scorso - prosegue il presidente di Antigone - il testo della legge è tornato al Senato dove si è arenato, fino ad essere tolto dall'ordine del giorno dei lavori".
"Sono oltre 27 anni che l'Italia aspetta il reato e non possiamo più permetterci di far passare del tempo nel dare seguito agli impegni internazionali assunti". "Per questo - conclude Gonnella - chiediamo ancora una volta al Presidente del Consiglio Renzi di farsi garante dell'approvazione di una legge che punisca la tortura".
Roma, 08/06/2016
COMUNICATO STAMPA - "Dopo la condanna europea del 2013 l'Italia ha messo in piedi delle riforme per decongestionare il sistema. Oggi vi sono 14 mila detenuti in meno rispetto ad allora. Però negli ultimi mesi la decrescita si è purtroppo fermata.
Hanno ragione il Capo dello Stato e il ministro della Giustizia quando suggeriscono azioni dirette a favorire l'istruzione e il lavoro. Per fare questo ci vogliono risorse e nuove norme che vadano a modificare l'ordinamento penitenziario.
Per quanto ci riguarda noi proponiamo una serie di riforme per ridurre la popolazione detenuta: depenalizzare e legalizzare cannabis; ridurre e non aumentare le pene per i reati contro il patrimonio; ridurre ancora l'uso della custodia cautelare.
Non è la prima volta che Angelino Alfano propone l’uso delle navi o di qualche forma di galleggiante per affrontare demagogicamente presunte emergenze detentive.
Nel 2009 era esponente del Pdl e ministro della Giustizia del governo Berlusconi. Di fronte alla questione del sovraffollamento penitenziario – c’erano a quel tempo circa 63 mila detenuti contro gli attuali 54 mila – il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sotto di lui amministrato propose le navi prigione da ancorare nei porti della Puglia e della Liguria per detenere persone in custodia cautelare.
È iniziata oggi, con una serie di audizioni, la discussione in Commissione Giustizia della Camera sul disegno di legge – promossa da un intergruppo parlamentare – per la legalizzazione della cannabis.
Ad essere ascoltato è stato anche Patrizio Gonnella, presidente di Antigone e della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili.
“L’avvio di questa discussione è una nota molto positiva in quanto cambiare politiche sulle droghe è necessario” ha dichiarato Patrizio Gonnella durante l’audizione.
“Così come si sta facendo negli Stati Uniti è necessario legalizzare la cannabis per motivi giuridici, di politica criminale, economici, etici”.
"Chiediamo all'amministrazione penitenziaria dai verificare prontamente le denunce dell'onorevole Ferraresi. Si tratta di denunce che disegnano un quadro terribile. Per questo è importante fare presto una inchiesta amministrativa e giudiziaria sulle denunce fatte e comunque proteggere l'incolumità di Rachid Assarag".
A dichiararlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
Sono state la sua determinazione e il suo coraggio a togliere dall'oblio la questione carceraria e le vite dei detenuti. Ogni qual volta andiamo nelle carceri c'è sempre qualche detenuto che evoca Marco, lo cita, spera nelle sue battaglie.
Le sue lotte non erano mai fine a se stesse, c'era sempre un obiettivo, una proposta. Tante volte con lui ci siamo ritrovati a discutere sul che fare, su come arrivare a un provvedimento di clemenza o ad una diversa attenzione pubblica sui nostri temi.
A lui dobbiamo l'attenzione che negli ultimi anni le televisioni hanno concesso ai diritti legati alle carceri.
Le nostre condoglianze a tutte le amiche e gli amici dei Radicali con cui tante lotte abbiamo condiviso.
Domani ricorderemo Marco Pannella in occasione del convegno da noi organizzato presso la Camera dei Deputati, "Dignità e diritti umani nei luoghi di privazione della libertà".
La notizia non sfuggì al mitico – direbbe Homer Simpson – Matteo Salvini.
Il sito ilsudconsalvini.info annunciò una pronta visita di Salvini a Bari. I titoli dei giornali non lasciavano dubbi: pronti a colpire; volevano colpire Circo Massimo e Colosseo; scoperta cellula legata all’Isis, fermati militanti dell’Isis. Accade però che il Gip barese dichiara gli indizi di terrorismo insussistenti: uno dei tre arrestati è scarcerato. Per gli altri restano le accuse più banali di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Che dire? Tre considerazioni a margine.
HIV, epatite C (HCV) e tubercolosi (TB) sono una grande minaccia per la salute in carcere e il loro livello di diffusione tra la popolazione detenuta è molto più elevato che tra i liberi cittadini.
Tra i detenuti al 7,4% è stata diagnosticata una infezione da epatite C, al 2% una infezione da HIV ed al 0,6% da tubercolosi. In Italia queste percentuali sono rispettivamente attorno al 2% (epatite C), allo 0,2% (HIV) ed inferiore allo 0,01% (tubercolosi).
Le carceri e gli altri luoghi di detenzione costituiscono ambienti ad alto rischio di trasmissione di queste patologie.
COMUNICATO STAMPA - Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia ha espresso parere favorevole al ritorno in semilibertà di Doina Matei. Questa è veramente una bella notizia, segno di una magistratura forte e non dipendente dalla pancia e dagli umori popolari. Contro di lei sono state espresse parole in libertà, parole pesanti, parole che fanno male, che hanno prodotto un danno sociale, politico, umano e culturale incalcolabile.
Doina Matei era una ragazzina quando è stata condannata a sedici anni di carcere. Una enormità che è più o meno il massimo della pena in quei Paesi che hanno abolito l’ergastolo.